Premetto e denuncio subito: io sono un manciniano di ferro. Ho sperato ardentemente che fosse scelto nel 2018, ho difeso la scelta, l’ho sostenuto entusiasticamente, ovviamente ho goduto, e poi ho anche perorato la causa della sua conferma. Ma lo sono sulla base dei fatti, non aprioristicamente. La causa della conferma nonostante l’imperdonabile mancata qualificazione risiedeva principalmente nel credito che si era giustamente guadagnato sul campo. E ciò non mi ha impedito di individuare il suo errore nel non comprendere la partita nel famigerato Italia-Svizzera 1-1, nonché l’inadeguatezza la scorsa estate nell’approccio all’umiliante Germania-Italia 5-2.
Ma Mancini ha avuto dopo la lavata in Germania l’umiltà di cambiare: ha capito che non si poteva fare più il calcio con cui abbiamo vinto gli Europei, semplicemente perché gli interpreti del 2021 fondamentali erano fuori forma, o infortunati, o tramontati. E allora aveva cambiato per un'Italia più compatta, meno offensiva, più di lotta e verticale, più conservativa, serrando le fila per evitare di trovarsi irrimediabilmente sotto.
E aveva capito e agito bene, perché dopo la cinquina in faccia in Germania l’Italia ha risalito la china fino a qualificarsi per le finals di Nations. E l’ha fatto passando per il percorso più difficile, battendo in autunno a San Siro un’Inghilterra in cronica crisi di personalità che fu svuotata della voglia di vendetta da un’Italia dinamica e umile che pensò a correre e non concedere spazi e infine sfruttò quello che c’era quando c’era.
Bene.
E allora se avevamo capito come ripartire, perché questa figura da niente al Maradona?
Improvvisamente, Mancini ha provato a riproporre quel 4-3-3 arioso che semplicemente in questo momento non ci possiamo permettere: serve un Jorginho che non ha gamba, servono terzini che per ora sono opachi, servono centrali difensivi inossidabili per ora solo normali, servono soprattutto esterni d’attacco che al momento tra Insigne e Chiesa semplicemente non ci sono più.
Tutto il resto delle critiche - il poco talento, le opzioni limitate, la generazione povera - esistevano già a Euro2020, esistevano anche 6 mesi fa, e non cambiano. Ma non c’entrano niente con l’umiliante figura rimediata contro l’Inghilterra.
Per il punto in cui è adesso l’Italia, non si può che permettere un calcio più grintoso ma più concreto, meno propositivo ma più curato nella fase difensiva. Quello corrobora la fiducia e aumenterà l’autostima per effettuare imprese come quella dell’1-0 all’Inghilterra a San Siro.
E questo, il vero errore, ha portato a quello che l’Italia proprio non si può permettere.
Ovvero perdere in casa nelle qualificazioni.
In quelle europee era accaduto solo altre 3 volte nei precedenti 61 anni. Questo per dire quanto sia incredibile perdere in casa, e per di più contro l’Inghilterra che pur dominando però con i suoi soliti cronici problemi di personalità quasi ci faceva pareggiare.
Il giorno dopo si parla del Secondo Tempo positivo, ed è semplicemente umiliante.
L’Italia, i giocatori, il tecnico, devono essere imbestialiti per aver perso.
A certi livelli in casa non devi perdere, fosse anche giocando male, fosse anche arroccandoti, perché altrimenti cominci ad abituarti alla mediocrità.
Quello che contraddistingue le grandi dalle piccole è la mentalità.
La mentalità non ti fa perdere anche quando ti meriti di farlo, e per riuscirci serve una grande umiltà e spirito di sacrificio.
Quello che al Maradona l’Italia non ha avuto, giocando una partita naif e sperando poi di recuperarla, ma non avendo certo i mezzi per farlo.
Di buono c’è che Mancini ha già dimostrato la scorsa estate di aver capito l’errore e come correggerlo.
Di negativo c’è che lo abbia ricommesso, e sembra quasi non rendersene conto.
L’Italia, questa Italia con pochi mezzi a disposizione e su cui Mancini anzi è stato creativo nelle convocazioni, questa Italia potrà sopravvivere a nuove umiliazioni solo se poggerà il fioretto e andrà in battaglia.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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