Sosta quasi finita. Quattro cose, ma dette male. Anzi cinque.
Harakiri Genoa
Si comincia con la notizia al sapor di focaccia: Gilardino è stato esonerato. Dovremmo limitarci a una risata amara e buonanotte, ma siamo masochisti e quindi analizziamo questa scelta con un pizzico di logica (spoiler: non ne troveremo). L’uomo che ha riportato il Grifone in Serie A, che ha creato un gruppo unito e compatto, viene fatto fuori con la delicatezza di un mammut in un negozio di cristalli. “Era necessario”, fanno sapere. Diciamo che cambiare un allenatore che sa il fatto suo per metterne uno che deve ancora imparare a pronunciare “pesto alla genovese” non sembra una genialata.
Il prescelto è Patrick Vieira, uno che ha più esperienza in bisticci con Balotelli che nel ricostruire squadre in crisi. Per dire, a Nizza la sua gestione è stata memorabile… per i litigi con SuperMario. Un déjà vu che non promette nulla di buono. Diciamocelo: affidare a questo grande ex centrocampista un Genoa che avrebbe bisogno di carattere e stabilità è un po’ come affidare un aereo in caduta libera a un passeggero a caso: magari gli viene l’ammaraggio, ma magari invece no. Nel frattempo, i tifosi del Genoa si aggrappano alle poltroncine del Ferraris come se fossero su una giostra impazzita. Mah.
Nations League e l’auto-sabotaggio
Secondo capitolo di questo racconto dell’assurdo: la Nations League. Sarebbe bello sapere chi ha avuto questa brillante idea, di sicuro qualcuno con tanto bisogno di grano e pochissimo senso pratico. In un’epoca in cui i calendari sono così compressi che persino il più incallito degli amanti del calcio sta pensando di darsi alle freccette, si è deciso di inserire un torneo inutile, senza fascino, e con lo stesso appeal del triangolare Birra Moretti (bei tempi).
I giocatori sono in affanno, i preparatori atletici sembrano dei chirurghi in un pronto soccorso da campo, e le squadre di club guardano con orrore ogni pausa internazionale, pregando che i loro giovanotti tornino interi. Ma no, “la Nations League è uno spettacolo”, dicono. Peccato che l’unico spettacolo sia la lunga lista di infortuni che ogni pausa lascia in eredità. I club pagano stipendi da capogiro per poi ritrovarsi con giocatori acciaccati e l’intera competizione non fa che alimentare la frustrazione di chi spera, ingenuamente, in un minimo di buon senso. Ci si rivede a marzo, per fortuna e comunque… Viva San Marino, unica nazionale che davvero ha un motivo per esultare.
Senza Vlahovic
Ultima notizia dal bollettino di guerra: Dusan Vlahovic, l’uomo da 80 milioni, si è fatto male. Nulla di grave, salterà solo un paio di partite, ma ora Thiago Motta si ritrova a guardare il reparto attaccanti che ha le sembianze di un frigo vuoto la sera di Capodanno: ci sono solo bottiglie d’acqua e una confezione di Tabasco scaduto (non manca mai).
La strategia di mercato del buon Giuntoli sembra in effetti degna di un film di David Lynch: all’inizio ti sembra tutto chiaro, alla fine non c’hai capito quasi una mazza. La Juventus ha speso cifre importanti senza completare davvero la rosa, al punto che, fuori Vlahovic, si ritrova senza un’alternativa in attacco. Chi prende il posto del serbo? Milik? No, non è a posto. Nico? È rotto. E allora Motta si ritrova a dover inventare soluzioni, magari pregando che Weah si trasformi improvvisamente in un attaccante di livello mondiale. Gli infortuni (leggi Bremer e Cabal) sono pura sfortuna, ma ritrovarsi senza un vice-Vlahovic dopo oltre 100 milioni investiti è peccato grave.
Il ruolo di Ibra
Zlatan Ibrahimovic, ex Dio di San Siro e ora dirigente tuttofare, si mette a filosofeggiare alla Kings League. Intendiamoci, Ibra che parla a un microfono, ride e fa battute è sempre divertente, ma magari non così tanto per i tifosi del Milan. Mentre Zlatan si diverte a far da ambasciatore di un torneo che è un incrocio tra il calcetto tra amici e Giochi Senza Frontiere, i tifosi rossoneri si sentono un po’ traditi. Speravano che il loro idolo, ora in giacca e cravatta, si buttasse anima e corpo nel club e, invece, lo vedono coinvolto in progetti che, per quanto innovativi, col Diavolo c’entrano una beata mazza. Ecco, un po’ di milanismo in più e un po’ di Kings League in meno non guasterebbe.
Assurdo Bentancur
Infine, il capitolo più grottesco della settimana: la squalifica di Rodrigo Bentancur per un episodio di “razzismo”. Sì, tra virgolette. Il centrocampista uruguaiano è stato punito per una frase sciocca. La stessa, in un calcio divorato dai tribunali mediatici e moralismi d’occasione, si è trasformata in peccato mortale.
Il razzismo è una cosa seria, combatterlo con punizioni che sfiorano il grottesco è un insulto alla serietà. Si rischia di trasformare tutto in una farsa, di banalizzare un problema reale con decisioni che hanno il sapore del teatrino. Siamo finiti a combattere un problema enorme con azioni che ne svuotano il significato e questo non è solo controproducente, è tristemente ridicolo.
È finita la sosta, alleluia alleluia.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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